NaCl
Ecco il terzo capitolo de Gli abissi della città di Yestering, il romanzo di Fepa e Curzio, con le illustrazioni di Clara Brioschi, in uscita a gennaio per la collana I Gerbilli
Capitolo tre. NaCl

«Adele, ho detto di no. Fine!»
Quella mattina Adele era uscita di casa sbattendosi la porta alle spalle. Sua madre le aveva urlato qualcosa, ma non troppo, che poi i vicini avrebbero ascoltato e chissà cosa avrebbero potuto pensare della famiglia del Sindaco. Cerotto aveva ululato di tutta risposta, sempre triste quando Adele se ne andava senza di lui.
Una volta arrivata a scuola, si era seduta al suo solito posto, in seconda fila centrale, proprio di fronte alla cattedra, per seguire meglio la lezione. Norberto entrò cinque minuti dopo il suono della campanella, come sempre. Lui si sedeva un paio di file dietro di lei, ma sulla destra, così ogni tanto, quando Adele si girava, potevano scambiarsi qualche commento silenzioso.
Da quando avevano cominciato a tornare a casa insieme, trovavano sempre qualcosa su cui dibattere. Norberto si divertiva, Adele si infastidiva e da qualche mese le cose andavano così. Parlavano di qualsiasi argomento: libri, cibo, compiti, genitori. E quasi sempre avevano opinioni opposte. Se lei diceva che quel fiore era blu, lui rispondeva che sì, forse era blu, ma che quando il sole stava per scomparire oltre la linea dell’orizzonte, si trasformava e diventava quasi verde acqua. Se lei diceva che quel film era terribile, lui invece sembrava aver notato un fremito nello sguardo di quell’attrice che lo aveva incantato.
Adele lo prendeva in giro continuamente. Diceva che si vestiva in modo assurdo e che non perdeva la testa perché era attaccata al collo. E anche perché era enorme. Norberto non si offendeva, anzi, se ne usciva con frasi che spiazzavano completamente la ragazza, come aveva fatto durante il loro primo Giorno del Vicino. Lei, in ogni caso, si fidava di lui e pensava di aver trovato un nuovo amico, che aveva l’approvazione del suo primo vero amico, Cerotto.
Quel giorno Adele era arrabbiata con sua madre: aveva sempre qualcosa da dirle, su come si vestiva, su come si comportava, su ciò che pensava. Non la capiva. Non si capivano a vicenda. Ma ormai Adele aveva deciso: si sarebbe fatta il tatuaggio che voleva.
Quando Norberto entrò, la vide nascosta dai capelli sul banco. Le passò accanto e la salutò picchiettando le dita sulla superficie, spaventando i suoi pensieri.
«Tutto bene?»
«Ho litigato con mia madre».
«Strano!»
«Dopo ti va di fare una passeggiata?»
Quando uscirono da scuola, qualche goccia di pioggia iniziò a cadere. L’autunno inoltrato li accolse con un cielo così grigio da rendere incolori persino le foglie degli alberi più arancioni.
«Che tempaccio! Torniamo a casa o stiamo comunque in giro?» Chiese Adele.
«Girare con questa pioggia? Non c’è nemmeno da chiederlo! Io adoro quando piove».
Adele cercò di non alzare gli occhi al cielo, visto che Norberto le stava facendo un favore. Non conosceva l’esistenza di qualcosa che quel ragazzo non adorasse.
Arrivati davanti alla porta, si tirarono su le cerniere delle giacche fino al collo, aprirono gli ombrelli, si tolsero le scarpe e uscirono.
Legge ufficiale di Yestering
Da oggi, venerdì dell’ottava settimana dopo la settantaduesima Festa degli Asini, si stabilisce che, visto l’amore sconfinato del Sindaco per i suoi concittadini, preso atto dell’inesistenza di scarpe completamente impermeabili e noto a chiunque il fastidio e il rischio di camminare tutto il giorno con scarpe e calzini bagnati, nei giorni di pioggia ogni cittadino yesteringhese dovrà camminare scalzo per strada.
Adele se ne stava in silenzio, con una faccia tanto scura quanto il cielo, imbronciata. Norberto rimase per un po’ tranquillo, poi cominciò a fare qualche battuta sulla gonna della professoressa di matematica, solo per trovare il modo di farla sorridere. Ma le labbra di Adele non davano segno di apprezzamento.
«Piuttosto della gonna, hai ascoltato la lezione? Quell’espressione infinita che ci ha fatto fare può avere un solo e unico risultato. Dodicimila numeri che si susseguono: più, meno, poi ancora più, e dividi e moltiplichi, metti e togli, frazioni… e alla fine quello che ti rimane è sempre e solo un numero, che non può che essere quello. Non è fantastico?»
Trovava sempre da sola il motivo per sorridere di nuovo.
«Sì, beh, boh… per me le espressioni sono solo quelle facciali».
«Sei un cretino».
Norberto abbassò lo sguardo. Capiva che Adele non stava bene e aveva bisogno di parlare. Lui voleva esserci. «Ma allora, hai litigato di nuovo con Donna? Perché questa volta?»
«Perché mi voglio fare un tatuaggio e lei non vuole».
Norberto a queste parole rimase zitto per un secondo, poi scoppiò a ridere fortissimo, tanto che le persone davanti a loro si voltarono a guardarli, mentre aprivano gli ombrelli.
«Cosa ridi, scemo?» Chiese Adele, stavolta sorridendo, contagiata da quell’ilarità.
«Dimmi che scherzi!»
«Certo che no!»
Norberto non smetteva più di ridere. «Ma cosa vuoi tatuarti? Dai, ma veramente? Tu? Proprio tu? Che non vuoi sederti per terra a pranzo? Che prendi sempre “strabiliante+” in ogni materia?»
«Ah, perché esiste un voto giusto per potersi tatuare?»
«Lo vuoi fare solo per fare un dispetto a tua madre?»
«Eh?»
«Boh… pensavo. È il tuo modo per dirle che non hai intenzione di diventare come lei».
Adele restò in silenzio. Non sapeva perché, ma quella frase l’aveva offesa. Norberto se ne accorse.
«Ehi, ascolta. La smetto. Per me sei libera di fare ciò che vuoi: se vuoi tatuarti, io ti accompagno. Mettiamo che sia normale che Adele Pincopercole si faccia un tatuaggio. Si può sapere quale?»
La ragazza tirò fuori un foglio di carta piegato più volte su se stesso e cominciò ad aprirlo lentamente. «Giura che non ti metti ancora a ridere».
Norberto assunse un’aria solenne, che non gli si addiceva per niente. «Giuro sulle carote che non riderò».
Adele dispiegò il foglio e mostrò al ragazzo il suo contenuto. Era una formula chimica, NaCl, scritta in un carattere molto delicato, per niente grossolano. Si vedeva che aveva lavorato molto per idearlo.
«Sai cosa ti dico? Mi piace» disse Norberto, ora davvero serio. «Ma cosa vuol dire esattamente?»
«NaCl, la formula chimica del sale! È da lì che è iniziata la mia passione per la scienza. Da piccola non potevo credere che il sale fosse fatto da tanti piccolissimi corpicini chiamati Na e Cl. Sono rimasta incantata a sentire mio padre che mi spiegava la teoria degli atomi. Per me era più che una magia».
«Adele, te lo vuoi fare questo tatuaggio?»
«Si!»
«Io so dove», Norberto sorrideva, senza nessuna malizia.

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