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Yestering.

Oggi vi proponiamo il primo capitolo de Gli abissi della città di Yestering, il romanzo di Fepa e Curzio in uscita a gennaio per la collana I Gerbilli


Capitolo uno. Yestering

Della città di Yestering in Algazia si sapevano poche cose: era lontana dal mare, questo è certo. I muri delle case infatti erano lisci e secchi, poco impregnati di quell’umidità tipica dei luoghi vicino all’acqua; quasi tutti i palazzi erano molto alti, tanto che spesso, nei giorni nuvolosi, non si riusciva a scorgerne la cima; Yestering era un bel posto dove vivere, in mezzo a una pianura rigogliosa, con il fresco dei monti che regalava anche in estate un’aria genuina e delicata; forse dispettosa a volte, quando il vento scompigliava i capelli degli abitanti e tutti sembravano un po’ spettinati, come se nessuno avesse davvero imparato a spazzolarsi a dovere; e poi, a Yestering, le carote erano vietate e Adele sapeva il perché.

Un paio di anni prima un certo Vincenzo aveva aperto un negozio di frutta e verdura al decimo piano della sua casa di ringhiera. Gli affari andavano molto bene perché i genitori di Yestering adoravano far mangiare le verdure e la frutta ai loro bambini.

Dopo circa cinque mesi dall’apertura, anche Zeno Pincopercole si decise ad andare dal fruttivendolo. Erano settimane che sua moglie Donna gli faceva notare l’assenza di mele, kiwi e carote nel loro frigo e non doveva essere lei a ricordargli quanto fossero importanti.

Zeno non poteva contestare una così vera verità. Mentre passava sotto il balcone del fruttivendolo, però, successe l’impensabile. Una carota, spinta da un movimento maldestro di Vincenzo, cominciò a precipitare dal decimo piano. Prese sempre più velocità, in un silenzio assoluto. Lo scontro fu inevitabile. La carota si infilzò nella bombetta di Zeno e sfiorò la cima della sua testa quasi pelata.

Si dà il caso che Zeno Pincopercole fosse il Sindaco della città.

L’amore per i suoi cittadini era sconfinato così come il senso di protezione nei loro confronti. Occorreva senz’altro fare qualcosa per impedire che un simile incidente si ripetesse. Tuttavia, chiudere il negozio del buon Vincenzo non era nemmeno pensabile. Così promulgò una nuova legge.

Legge ufficiale di Yestering:

Da oggi, martedì della quinta settimana dopo la centesima Festa degli Asini, le carote sono bandite dal suolo cittadino, vista la loro foggia simile a quella di un proiettile e preso atto della conformazione del paese, in cui esistono solo case di ringhiera alte fino al decimo piano, altezza tale da rendere le carote potenzialmente fatali.

Un’altra cosa c’è da sapere, infatti, sulla città di Yestering: tutti gli abitanti vivevano in case di ringhiera, ed erano talmente assuefatti a questo tipo di vita che ormai non si rendevano nemmeno conto di come avesse condizionato il loro modo di essere. Era come se i cittadini di Yestering vivessero sempre un po’ sospesi. Passavano molto tempo sui loro balconi comuni a scambiare parole con i vicini di casa, dell’appartamento di destra o di sinistra, o perfino tutti insieme nello stesso momento: erano dei gran chiacchieroni di natura!

Perfino le persone più timide vincevano la loro innata ritrosia e venivano coinvolte in lunghi dibattiti. Anche chi non voleva parlare, anche chi non voleva partecipare, anche chi non aveva nulla di interessante da dire o non sapeva formulare una propria particolare opinione su alcun argomento, non poteva in nessun modo tirarsi indietro. Qualcuno prima o poi l’avrebbe sorpreso, in rientro dal lavoro o subito dopo cena, o, perché no, anche al mattino presto, sul ballatoio, davanti alla porta di casa, e gli avrebbe domandato qualcosa, rendendolo partecipe di una qualche considerazione.

A ogni modo, Zeno era soddisfatto della nuova legge anti-carote, sua moglie Donna un po’ meno. Adele, la loro unica figlia, era al settimo cielo: odiava le carote.

Adele aveva scoperto questa storia qualche anno prima, da quando la madre aveva smesso di preparare la sua famosa torta di carote per il Giorno del Vicino. Si era letta tutti i documenti conservati negli archivi comunali per capire bene la dinamica dei fatti.

Era una ragazza particolare. Aveva solo quattordici anni, ma era abituata fin da piccola a scoprire il motivo delle cose. Adorava sapere perché i semafori hanno tre colori, perché le foglie degli alberi cadono d’inverno e perché i tetti hanno quasi sempre una forma a V rovesciata. Quando non capiva qualcosa, inforcava i suoi occhiali tondi, si legava i capelli color cioccolato in una tiratissima coda di cavallo e si metteva a studiare. Era capace di stare sui libri per un mese intero pur di ottenere le risposte che cercava. Le sue materie preferite erano quelle in grado di dare una spiegazione chiara e precisa del mondo che girava fuori dalla finestra: fisica, scienze, geometria. Le altre (arte, letteratura, filosofia) erano storie fantasiose su una realtà che a lei piaceva conoscere e non mascherare. E finora era sempre riuscita a scoprire la verità.

Zeno andava fiero di questo lato della figlia. Già la vedeva prendere il suo posto come Sindaco di Yestering e fare grandi cose per quel loro piccolo paese di ringhiera.

Anche sua madre Donna era fiera di lei. Era orgogliosa della sua intelligenza, meno della sua apparenza. Alcune conversazioni si ripetevano identiche quasi ogni settimana:

«Sei sicura di volerti mettere quella felpa? È troppo larga».

«Mamma, mi piace così. Voglio stare comoda quando leggo».

«Adele, non puoi andare in giro in quel modo, tuo padre è il Sindaco. La gente ci guarda. Non vuoi provare questo little dress blu che ti ho preso per il Giorno del Vicino di dopodomani?»

«Ci vengo vestita come voglio, mamma!»

«Vedo già una zampata di Cerotto su quei jeans!»

Cerotto era il migliore amico di Adele. Ed era anche il suo cane, un levriero. Viveva con la famiglia Pincopercole da quasi cinque anni. Adele passava più tempo con Cerotto che con i suoi compagni di classe e Cerotto ne era felicissimo. All’inizio era solo un cucciolo appena adottato da un canile e sembrava il cane più disubbidiente del mondo. Non ascoltava mai nessuno.

Fu Adele a scoprire il perché: Cerotto era un levriero sordo. Per questo non ascoltava: non sentiva! Sempre lei trovò la soluzione. Studiò come una matta per vari mesi, obbligando anche i suoi genitori a fare lo stesso. Alla fine, tutti e tre impararono la lingua dei segni. Parlare con Cerotto non fu più un problema e, da cane più disubbidiente del mondo, diventò il cane più dolce. Bisognava solo stare attenti a parlare con lui guardandolo negli occhi.

«Portiamo anche Cerotto dopodomani, al Giorno del Vicino?» chiese Zeno una sera, a cena.

«Be’, io vengo solo se viene lui.»

«Adele, non vorrei mettere a disagio i vicini con il nostro cane sordo» le fece notare Donna.

«Otto non mette a disagio mai nessuno. Ma poi di che vicini parli? È da mesi che non abbiamo vicini di balcone a destra».

«Oh, guarda, una cosa che ancora non sai! Sono arrivati un paio di giorni fa. Madre e figlio. Si sono trasferiti, per rimanere».


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