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I luoghi di Fermo istante

Gerardo Baldassarre ci accompagna tra i luoghi di Fermo istante, il romanzo di Emma Formigli, in uscita a febbraio per la collana Narrativa.


Durante il suo viaggio, Alba, la protagonista di Fermo istante, traccia il cammino verso la sua crescita personale, a caccia di risposte e ispirazioni per il futuro. Ma come avviene questa sua ricerca, questa sua indagine introspettiva? La risposta è semplice, ma non scontata: attraverso il movimento. È un costante muoversi e dimenarsi tra dubbi, incertezze, riflessioni, paure e impulsi, un flusso di movimenti interiore che aiuta Alba nella sua missione. Ma non si tratta solo di una frenesia intestina, legata cioè esclusivamente a movimenti di coscienza: al di là della metafora, un tratto essenziale e costante del romanzo è sicuramente il movimento fisico, geografico, e dunque la riscoperta delle varie località che segnano la vita di Alba.

A Barcellona Alba percorre le vie della Rambla, frequenta le caffetterie, entra nei negozi, si divincola nella rete intestinale della città: un continuo rimbalzare tra i luoghi che provocano l’irrequietezza delle grandi città. Ma proprio quei luoghi, quelle attrazioni, quelle apparizioni artificiali, per Alba, snaturano Barcellona e la impoveriscono delle sue vere qualità, quelle che la rendono una città meravigliosa. Nel romanzo viene definita un «luna park», il vestito sotto il quale è nascosta la vera Barcellona, città amata dalla protagonista ma allo stesso tempo mal digerita nella sua veste di città consumista. Una vitalità non pura, si potrebbe dire, a differenza di quella che scopre durante le manifestazioni degli indipendentisti catalani: le urla al megafono, i cartelloni tra la folla, i cori di libertà e giustizia… Muovendosi tra essi, Alba riscopre una nuova forza, quella che viene definita «bramosia di vivere».

Londra è una vecchia conoscenza, un amore già sbocciato, e Alba ci ritorna in compagnia di una sua cara amica. Pare conoscere l’anima intima della città, ogni vicolo, ogni quartiere, dai più movimentati e turistici, ai più grezzi e oscuri. Qui lei si sente «comoda», come ci fa sapere il narratore, ed è evidente che il suo è un movimento naturale e leggiadro, una danza improvvisata su musiche ben conosciute. Se citiamo Beppe Severgnini, «Londra attira perché è una città multipla, che riesce a essere insieme frammentata e omogenea, rivoluzionaria e tradizionale, eccitante e riposante»; partendo da questo assunto, viene naturale associare ciò che troviamo in Fermo Istante, ovvero l’immagine di una Londra come «un microcosmo fatto di tanti altri, un mondo dentro un mondo».

I luoghi che compaiono nel romanzo sono svariati: l’isola nel mezzo del Mar d’Irlanda, dove Alba ha passato l’adolescenza; San Cugat, il paesino spagnolo che la ospita; Roma e Bologna, nei suoi ricordi e memorie… Ma se i movimenti tra le varie località rappresentano quello che si può definire il cammino verso la consapevolezza, oppure una rivisitazione in chiave semplicistica e moderna di un Siddartha interpretato da una giovane donna di chiara discendenza borghese, altro aspetto rappresenta il luogo di origine: Trieste. Non siamo più nel contesto dell’avventura giovanile, usciamo totalmente da quelli che sono i movimenti fisici e riflessivi quasi inconsapevoli e animati da intrepidezza. Trieste non fa parte di quel mondo. Trieste è dove Alba sembra ritrovare il filo della matassa, è la X sulla mappa del tesoro, è l’albero sotto cui riposare e frenare il flusso incessante di pensieri. Ciò che traspare è la familiarità con cui viene descritta la città, e anche se l’autrice non lo scrive mai per esteso, le sue parole riportano il suo amore per Trieste. Trieste è casa.