Dialètu, dialètu, dialètu
e… sa faismu duu parole…
Autore: Gianluigi Bailo
Illustrazioni: Anna Gozzo
Collana: Chilometrozero
Anno: 2017
Una raccolta di storie, personaggi, luoghi simbolo, detti e filastrocche in dialetto novese realizzata da una “memoria storica” della città di Novi Ligure, Gianluigi Bailo. Il libro è un invito, una scommessa, un tentativo di riunire tutti quelli che ancora parlano il dialetto locale affinché diventino i divulgatori dello stesso verso chi lo ha dimenticato, verso chi lo parla, ma non correttamente, verso chi, soprattutto, vorrebbe impararlo.
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Dal capitolo “I dèti – I detti, peculiarità del nostro dialetto”:
Furtùnà ic’me in can in gésa – Fortunato come un cane in chiesa. Il cane che si azzardi a varcare il portone di una chiesa, incorre, come minimo, nelle ire dello scaccino. E non c’è società protettrice degli animali che possa salvarlo. Quindi, la similitudine è quanto mai calzante per dipingere la situazione di chi davvero non ha proprio un briciolo di fortuna.
Bagagiò ic’me ’na risa – Sbadigliare come un riccio di castagno. Quando il riccio s’apre e mostra il suo dolce contenuto, pare una bocca spalancata per sbadigliare. La similitudine è pittoresca quant’altre mai. Dire così di chi è molto raffreddato, col naso chiuso, come è ermeticamente chiuso un riccio di castagno nel quale i frutti stiano stipati, prima di forzare l’involucro e cadere al suolo.
Intrégu ic’me ’na savàta – Intero come una ciabatta. Dicesi di persona ottusa, ritardata, di scarso comprendonio, proprio tutto d’un pezzo come una ciabatta. Di eguale significato è il seguente.
Autore
Autore | Gianluigi Bailo |
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Bio | Nato a Novi Ligure il 24 dicembre 1948, da più di 30 anni è Notaio nella sua città e da sempre coltiva l’amore per Novi e per il suo territorio. Può a buon diritto essere considerato l’anima del dialetto novese, che vuole a ogni costo rivitalizzare onde evitare che vada perso. |