Birrolibreria Altrodove – Prologo
Ecco un piccolo estratto del primo raaconto del romanzo Birrolibreria Altrodove di Davide Giacobbe e Maurizio Perovic!
Puoi sostenere questo progetto fino a mercoledì 19 febbraio!
Inserisci il prodotto nel carrello e completa l’ordine come per un normale acquisto. L’importo del libro verrà addebitato soltanto alla fine della campagna se sarà raggiunto l’obiettivo di copie per la pubblicazione.
Pendolari
Il Passeggero aspettava che giungesse la luce dal fondo del tunnel.
Si avvicinava, infatti, per il treno l’uscita dall’ennesima galleria del Terzo Valico, amorevolmente definita dai pendolari come lui: il Mostro dei Giovi.
Si trattava di un tratto di appena 53 km, 37 dei quali si snodavano in galleria, attraverso 11 comuni e 2 regioni, tra Genova e Alessandria, da Liguria a Piemonte.
Il Mostro ospitava anche il tunnel ferroviario più lungo d’Italia, che poi era quello che stava attraversando in quel preciso momento. Si trattava della Galleria di Valico, con i suoi oltre 25 km di buio record.
Il Passeggero sapeva che ad ogni tunnel lo aspettavano quel buio e spesso le orecchie tappate dalla pressione, ma sapeva anche che dopo ogni tunnel ci sarebbe stata la luce della campagna.
Stava affacciato al finestrino ermeticamente chiuso, pensando alla giornata lavorativa appena trascorsa. Non era bello lavorare in estate, ma apprezzava il fatto che, tornando a casa, dopo ogni tunnel ci fosse ancora luce.
Viaggiava su un proiettile che in pochissimo tempo, tra le luci e le ombre delle sue gallerie, lo avrebbe portato sino a Tortona e poi, da lì, avrebbe preso un altro treno sino a Milano, dove abitava.
Si guardò attorno e si rese conto che sui due sedili di fronte a lui, si erano accomodate altrettante persone.
Per fortuna erano intente a fare altro, esentandolo dall’attaccar bottone.
Una ragazza bionda, con capelli molto corti e un taglio sbarazzino, che aveva forse 25 anni (cioè la metà di quelli del Passeggero) osservava il buio oltre il finestrino tormentandosi le mani ossute.
Accanto a lei un uomo che dimostrava circa quarant’anni, portava occhiali tondi con montatura nera ed aveva una folta barba, anche essa nera, che toccava quasi il libro appoggiato sulle gambe, del quale di tanto in tanto l’Uomo Barbuto sfogliava una pagina.
Cinicamente al Passeggero venne da pensare che l’uomo non stesse in effetti leggendo il libro, ma che lo usasse come strategia per isolarsi dagli altri. Anche lui aveva impiegato molte volte quella tecnica, perché a nessuno piace fare conversazione con sconosciuti sul treno.
La Bionda restava concentrata sul nulla oltre il finestrino, il Passeggero pensò che anche la sua fosse una buona tecnica, molto simile alla strategia dell’ascensore, quella che adottiamo quando la nostra attenzione viene incomprensibilmente rapita dalla particolare forma di pulsanti con i numeri dei piani, oppure dalle istruzioni, a dire il vero mai molto complesse, sul come gestire eventuali blocchi dell’ascensore.
Si fissano, quei tasti e quei cartelli, li si misura con precisione, si cerca di capire di che materiale siano fatti (plastica? metallo? avorio? titanio?) e quale ne sia l’anno di fabbricazione, qualsiasi cosa, pur di non incrociare lo sguardo degli altri, di sconosciuti troppo vicini, concentrati in poco più di un metro quadrato.
La Bionda e l’Uomo Barbuto stavano facendo un buon lavoro, il Passeggero si compiaceva del fatto che fossero in linea con lui, e ciò lo rasserenò alquanto.
E poi, pensandoci bene, perché mai avrebbero dovuto entrare in una qualunque relazione? Di cosa avrebbero dovuto discutere? Forse di viaggi? Oppure di costume? O, addirittura, di politica?