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Nessuno può camminare per te – Capitolo Due

Ecco il secondo capitolo del romanzo Nessuno può camminare per te di Nadia Anna Maria Creca!

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Capitolo Due

Il copriletto patchwork è una vera opera d’arte realizzata dalle mani di nonna Elli quando negli anni dell’adolescenza era consuetudine preparare il corredo. “Già il corredo” pensa Beba stropicciando con rabbia il delicato tessuto “Ma per quale matrimonio? Chissà chi era mio nonno, anche lui è un fantasma che non ha lasciato ricordi dietro di sé”.

Dubbi, pesanti domande senza risposta che ogni volta scatenano la sua rabbia e infatti Con un gesto che non riesce a trattenere, le sue mani afferrano il leggero tessuto scaraventandolo lontano, non vuole più vederlo, anche lui è una domanda che non avrà mai risposta. Nel suo volo verso la parete travolge l’orologio a cucù che si schianta sul pavimento con fracasso.

In quel momento, Petr spalanca la porta con violenza e gli basta un’occhiata per immaginare quello che può essere accaduto.

Si avvicina al letto senza pronunciare una parola e stringe la moglie tra le braccia, asciugando con tenerezza le sue lacrime, cullandola come si fa con una bambina, poi le porge con tenerezza gli occhiali e la guarda.

Il desiderio è quello di consolare quel pianto, ma la fisionomia dell’uomo è tesa, i lineamenti contratti, l’incarnato livido e gli occhi scuri scintillano per la rabbia repressa.

È deciso a porre fine alla situazione divenuta insostenibile. «Adesso questa storia di dormire in stanze separate deve avere termine. Sai che ti amo, amo tutto di te perfino il tuo caratteraccio, le tue reazioni esagerate e i tuoi “ci penso io” ma da qualche giorno mi preoccupi ti svegli urlando o piangendo, scaraventi a terra le cose, questa situazione comincia a preoccuparmi e non sono affatto sicuro che tu ti senta bene».

Anni di vita in comune quasi in simbiosi hanno permesso all’uomo di centrare il problema. I nervi della moglie stanno peggiorando e purtroppo lui è in procinto di fare ritorno a Praga per seguire l’andamento del laboratorio di famiglia, un piccolo negozietto nel cuore della città vecchia dove sono prodotti artigianalmente preziosi manufatti in legno.

Petr scruta con apprensione il volto sconvolto della moglie passandosi una mano tra i folti capelli screziati d’argento come la barba che gli incornicia il volto e che nasconde cicatrici dolorose causate dalle torture subite in gioventù.

Beba non conosce il reale motivo dello sgomento e della rabbia del marito, così scatta come un rettile, sferzando con le parole l’uomo che impallidisce. «Lo so benissimo quello che stai pensando! Anche se non lo dici, sei convinto che io abbia qualcosa che non funziona qui». Dice indicando la testa con entrambe le mani. «Avanti, abbi il coraggio di parlare chiaro una buona volta e dillo che

pensi che io sia malata, che nella mia mente qualcosa non funziona, accidenti a te, a Praga e a tutta la Repubblica Ceka!».

Beba interpreta l’ansia del marito come pietà e non com’è in realtà, un immenso amore.

Impossibile dimenticare, per l’orgogliosa donna, il sentimento di pena che leggeva negli occhi delle persone dopo l’incidente in cui erano morti di entrambi i genitori schiantandosi con l’auto contro un carro che trasportava balle di fieno.

Petr non è affatto preoccupato per il nervosismo della moglie, sa che i suoi scatti d’ira durano quanto un temporale d’estate, perciò attende paziente il termine dello sfogo. La collera di Beba è dinamite, però ha una miccia corta che esaurito il suo compito si spegne senza lasciare traccia, infatti pochi istanti dopo la donna si avvicina a lui come se nulla fosse accaduto. «Dormire sola mi aiuta a sentire meno la tua mancanza quando sei lontano. Desidero che tu parta sereno perciò ho deciso di chiedere un appuntamento alla psicologa, così se c’è qualche problema lei saprà aiutarmi e tu sarai tranquillo…a Praga».

Dissolte le nubi, i due siedono l’uno accanto all’altra sul grande letto senza parlare. Rassicurati dalla calma ritornata anche i gatti, neri come l’inferno, balzano sul letto.

 Nala si accoccola accanto a Beba, premendo con delicatezza le zampine anteriori sul lato sinistro del petto dalla parte del cuore, l’istinto felino le ha suggerito che il dolore è proprio lì e l’animale cerca a modo suo di portarle sollievo.

Ma la calma di Beba è apparente, gli occhi sono ancora carichi di ombre mentre guarda il copriletto sgualcito scaraventato a terra. “Eppure qualcosa di grave deve essere accaduto quand’eri giovane nonna. Ancora una volta è qualcosa che io non saprò mai”.