Lauren e Plash – Capitolo Uno
Ecco il primo capitolo del romanzo Lauren e Plash di Ilenia Marino!
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Capitolo Uno
Per la ricerca di storia, mi è toccato l’argomento più noioso. Mi sarebbe piaciuto andare dai miei concittadini e intervistarli sulle dimissioni della presidentessa Arden[1], come Gail, o sulla diffusione sui social network degli attentati di Christchurch[2], insieme a Leslie. Invece, mi sono ritrovata nel gruppo di quell’antipatica di Karen e mi toccherà studiare una cosa che è successa anni prima che io nascessi.
Perché i nostri insegnati non ci lasciano mai liberi di scegliere come comporre i gruppi in cui dovremo lavorare? Si riempiono la bocca con la storia dell’inclusione sociale[3] e non capiscono che stare forzatamente insieme non ci porterà a fare amicizia con chi non ci piace, ma solo a litigare di più.
Una manifestazione del 1981, poi. Come fanno a pensare che una cosa tanto vecchia possa interessarci? Ripetono la cantilena del “se imparerete dagli esempi della storia, riuscirete a trarne degli insegnamenti utili per le vostre vite”. A me, però, questa sembra la scusa di chi non capisce che la sua noia non lo autorizza a far perdere tempo agli altri. Se mi lasciassi abbindolare dalle loro strampalate teorie, dovrei credere che questa stupida ricerca abbia il potere di restituire a mio padre il suo impiego?
Ok. A te lo posso confidare: la mia insofferenza non è dovuta alla scuola e la protesta anti-apartheid del 1981[4] è l’ultimo dei miei pensieri. Il mio nervosismo viene da mamma e papà, che considerano me e i miei fratelli dei bambini piccoli e ci trattano da incapaci.
Su quanto siano svegli Eliot e Steve nutro anch’io dei dubbi, ma io? È già da un pezzo che non sono più una bambina. Come fanno a non rendersene conto?!? Hanno talmente poca stima di noi che, oltre a non averci detto nulla del licenziamento di nostro padre, non si sono nemmeno impegnati a nasconderne le prove: mi è bastato sbirciare nel cassetto della scrivania della loro camera per trovare i fogli dell’azienda.
Chissà che ha combinato papà per farsi cacciare. Lui si raccomanda sempre che io e i miei fratelli facciamo i bravi e non rispondiamo male agli insegnanti ma, poi, che fa? Come si comporta? Che figura ci fa fare?
«Laureeen! Eliooot! Steeeve! Raggiungeteci in salotto. Dobbiamo parlarvi».
Perché mia madre non è mai capace di chiamarci senza mettersi a strillare? Non prende nemmeno in considerazione l’idea che, nel frattempo, stiamo facendo una cosa importante e non possiamo essere interrotti? Nooo. Noi dobbiamo essere sempre pronti a scattare. E, poi, che dico?!? Noi qualcosa di importante? Impossibile! Solo loro, gli adulti, fanno roba importante.
«Lauren, vieni. Manchi solo tu. Io e papà dobbiamo dare a te e ai tuoi fratellini una bella notizia».
Una bella notizia?!? Si sarà fatta licenziare anche lei o stiamo per essere sfrattati? Ah, no. Secondo loro, noi non sappiamo ancora nulla del licenziamento di mio padre… Vorranno parlarci di quello. Ma, allora, perché la mamma ha parlato di una bella notizia? Che si sono inventati stavolta?
[1] Nota per essere stata una delle più giovani donne a capo del governo di un Paese e per il suo seguito su Instagram, la presidentessa Jacinda Kate Laurell Arden è stata premier della Nuova Zelanda dal 2017 al 2023.
[2] Il 15 marzo 2019 la città di Christchurch è stata insanguinata da un attentato islamofobo, che ha causato la morte di più di cinquanta persone e il ferimento di altrettante.
L’assassino, il suprematista australiano Brenton Harrison Tarrant, ha trasmesso i primi diciassette minuti del suo attacco in una diretta Facebook.
[3] L’integrazione prevede che le persone condividano gli stessi spazi, a prescindere dalle loro differenze. Non si preoccupa, però, di fornire loro gli strumenti necessari a creare dei legami.
Grazie alla valorizzazione della diversità, invece, l’inclusione sociale mira a costruire una società di cui ogni persona è parte attiva e si sente accolta, una società che riesce a prendersi cura di se stessa.
[4] Il regime segregazionista sudafricano dell’apartheid non consentiva alle persone nere di partecipare alle gare e ai tornei sportivi che si tenevano nel Paese.
Veniva, ad esempio, impedito alla squadra neozelandese degli All Blacks di convocare i propri giocatori maori a tutti i campionati del Sud Africa. Per questo, quando – nel 1981 – la squadra sudafricana di rugby degli Springbok approdò in Nuova Zelanda per il tour del Paese, la quasi totalità della popolazione scese in piazza per manifestare contro l’evento.