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Ascia – Arrivo a Trieste

Ecco un estratto del romanzo Ascia di Andrea Legoni!

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Arrivo a Trieste

Comprò dell’altro pane e lo sgranocchiò sempre in cammino. Alla sera del terzo giorno arrivò in un paesello, Muggia, poco distante da Trieste. Il viaggio e la fuga stavano per concludersi. Si fermò, senza saperlo, poco lontano dal mare, e nell’oscurità e silenzio della notte, ascoltò per la prima volta il rumore della risacca. Rimase sveglia a lungo sentendosene cullata. Poi strinse Angelica a sé e si addormentò serena.

Al mattino riprese il cammino con lena. Ascia era stata con lei per gran parte del viaggio. Insieme avevano dialogato per sensazioni, come usavano fare fra loro, e quando Margherita, quella mattina, vide il mare per la prima volta, ne rimase affascinata, si commosse e piansero insieme. Era molto più grande di tantissime tinozze messe vicine. “È infinito”, pensò Margherita. “Come il cielo”, e Ascia fu d’accordo con lei.

Si avvicinò alla riva. Si tolse i lapti ed entrò coi piedi nell’acqua; non era rossa, ma trasparente. Provò sollievo alla frescura. Aveva i piedi infuocati dal tanto camminare. Provò a raccogliere un poco d’acqua con la mano e portarla alla bocca, non era buona: salata e amara. Imbevibile. Non si attardò. Trieste era ancora lontana. Rimise i lapti e riprese il cammino. Entrò in città e, ricordando le istruzioni del libraio, raggiunse il quartiere e la via. Trovò la casa ed entrò nel portone.

Una scala saliva e intravide delle porte in cima. Salì e vide che su ogni porta c’era un nome. Non erano quelli del suo amico. Salì ancora e lesse il nome giusto. Non sapeva che fare. La porta era chiusa, sembrava a chiave. A casa sua, a parte la notte, la porta era sempre aperta per far entrare un poco di luce.

Si decise a bussare. Nessuna riposta; forse non avevano sentito.

Bussò con maggior forza e, questa volta, sentì dei rumori all’interno e dei passi avvicinarsi. Udì la voce del suo amico chiedere: «Chi è?», e si sentì rassicurata. Il suo cammino era finito.
«Margherita!» rispose. «Sono Margherita.»
Sentì un rumore come di ferraglia e la porta si aprì.
Il libraio la stava guardando, pieno di stupore, ma con un sorriso sulle labbra. Era felice di vederla. Disse sbalordito: «Margherita!» e subito, agitato, chiamò la moglie.

Questa, sentito il tono, accorse preoccupata. Lo aveva sentito pronunciare quel nome e si trovò davanti una bella ragazza, poveramente vestita, e con un pargolo in braccio. Il suo cuore si aprì. Capì che era la ragazza di campagna di cui lui le aveva parlato. Scostò l’uomo, che era rimasto imbambolato e incapace di reagire dalla meraviglia, e si rivolse materna alla fanciulla: «Entra Margherita e sii la benvenuta!» Nessuno le aveva mai parlato così dolcemente, e Margherita cominciò a piangere. La tensione che l’aveva sostenuta per tutto il viaggio la stava abbandonando. Si sentì accolta.

La donna le prese delicatamente un braccio, la fece entrare e la guidò lungo un breve corridoio che conduceva ad una luminosa cucina; una stanza calda e confortevole. I mobili erano tipici di quegli anni: legno smaltato di bianco e con i ripiani delle due credenze e il ripiano del tavolo in marmo bianco venato di grigio e azzurro dove nel centro, su un centrino di pizzo, poggiava una larga ciotola di legno, colma di mele che Margherita guardò con malcelato desiderio.

La cosa non passò inosservata alla moglie che sentì il cuore cedergli per quella bambina, già madre, che le sedeva di fronte con aria mesta e malinconica. Era sicuramente affamata. La signora le porse un fazzoletto perché si asciugasse le lacrime, volse lo sguardo al neonato come avrebbe fatto una amorevole nonna e chiese: «Come sia chiama la bambina?»

Il marito, rimasto esterrefatto sulla porta della cucina, si chiese come la moglie avesse fatto a capire che si trattasse di una femminuccia e non di un maschietto. Era un fagottino, del quale si intravvedeva a malapena il viso, e stava dormendo.
«Angelica!» disse Margherita guardando la figlia. «Si chiama Angelica.»
Il marito si riprese. Entrò, si sedette e commentò: «Come nella saga di Rolando.»
Margherita alzò sorpresa il capo ma non disse nulla. Pochi lo avrebbero pensato. Avrebbero tutti commentato: «È proprio un angelo!», ma il signor Umberto no. Margherita sapeva che lui poteva leggere nella sua anima e capì di potergliela aprire senza timori.
La moglie prese una mela dalla fruttiera e la porse a Margherita incoraggiandola: «Su mangia e riprendi le forze. Il tuo viaggio deve essere stato lungo e faticoso.»
Margherita ringraziò con gli occhi e addentò la mela. Avvertì il sapore zuccherino inondargli il palato e si sentì a casa.