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A colloquio

Ecco il terzo capitolo del romanzo di Maddalena Comello “Caccia al papà perfetto”: iniziano i colloqui per trovare il dog-sitter per Luna. Chi sarà il prescelto?

Il libro uscirà ufficialmente il 20 settembre ma è già partita la prevendita sul nostro sito: approfittatene per avere in omaggio la versione ePub subito scaricabile!


Capitolo tre

A colloquio

Sono le nove e mezza di mattina e Stella non è ancora sveglia; questo non è da lei, le capita di dormire così tanto solo quando va a letto ubriaca come ieri notte o, per meglio dire, mattina. Dovrei alzarmi e andare a preparare la colazione visto che il primo colloquio è tra un’ora, ma non ne ho proprio voglia.
La mia piccolina continua a rigirarsi nel letto, sta aprendo gli occhi.
– Buongiorno. – Le do un bacio.
– Ho male alla testa. – Le massaggio le tempie. – Quanto ho bevuto ieri sera?
– Troppo, ma Oceano via Skype ha bevuto anche di più. –
Le do un altro bacio. La mattina appena sveglia è meravigliosa.
– Come ci sono arrivata nel letto?
– Con il teletrasporto – fa la linguaccia. – Vado a prenderti un’aspirina. – Mi siedo al bordo del letto, mi metto le ciabatte, ma prima che riesca ad alzarmi, Stella si avvinghia a me.
– Vengo anch’io.
– Volentieri, hai intenzione di usare le gambe? – Faccio domande veramente ridicole quando sono ancora mezza addormentata.
– No, voglio provare il teletrasporto da sobria. – Immaginavo.
– Va bene. Tieniti forte – la mia Stellina intreccia le gambe intorno alla mia vita e con le braccia quasi mi strangola.

– Anche meno forte. – Con lei attaccata come un koala alla mia schiena scendo le scale e vado in cucina. La metto seduta su una sedia.
– E la mia aspirina?
– Non conosci uno dei tuoi metodi naturali che sia efficace per il post sbornia? – Chiedo ironica.
– Troppo spiritosa, gioia. – Veramente troppo.
– Ecco qua la tua aspirina! – Le porgo la pastiglia.
– Tra quanto arriva il primo candidato, mogliettina? –
Chiede tra uno sbadiglio e l’altro. Intanto Luna le sale sulle gambe per prendersi la sua dose mattutina di coccole.
– Addirittura “mogliettina” oggi? – Mi dà un pizzicotto.
– Tra meno di un’ora. Sarebbe carino se tu ti rendessi quanto meno presentabile, cosa ne dici?
– Stai cercando di dirmi che in vestaglia e senza trucco non ti piaccio, Alice? – E addio “mogliettina”.
– Adoro quando sei senza trucco e amo quando sei senza tutto. – Sorride imbarazzata. Mia moglie sa indossare perfettamente gli abiti della donna esperta e risoluta, ma in fondo conserva l’animo di una bambina pura e ingenua che sa amare senza riserve e senza vergogna, ma che arrossisce quando le dicono quanto sia bella e desiderabile.
– Sei tutta rossa – le dico, con l’intento di farla arrossire ancora di più.
– Smettila! – Affonda il volto sul mio petto. – Portami in camera sulle spalle.
– Quanto sei prepotente! Non puoi chiedermelo per favore? – Scuote la testa. – Allora non ti ci porto.
– E io accolgo i candidati in queste condizioni. – Com’è che, gira e rigira, riesce sempre a farmi fare quello che vuole?
– Perfetto. – la prendo sulle spalle. – Sei una pelandrona.
– Che esagerata! Con tutte le volte che avrei voluto portarti io sulle spalle – La metto giù a metà scala e mi volto a guardarla.

– Non mi hai mai portata sulle spalle, piccola bugiarda.
– Non ho detto di averlo fatto, ho detto che avrei voluto farlo. – Penso che la conseguenza logica di questa sua affermazione sia che non può farlo perché peso molto più di lei; tuttavia, non l’ha detto perché ha troppa paura che io mi metta seriamente a dieta e così mi spariscano dal girovita quei rotolini che lei ama tanto. So che ha quel timore, me lo dice ogni volta che mi dà i bacini sulla pancia.
La faccio riappendere e arriviamo in camera.
– Cambiati in fretta! Tra mezz’ora arriva il primo. – La esorto a sbrigarsi.
– E mio fratello quando arriva? – Mai.
– Ieri sera, dopo che ho osato far notare a Giove e Carlo l’evidenza del fatto che per loro sia impossibile fare una cosa come la nostra per avere un figlio, Giove ha detto che non sarebbe più venuto ad assistere ai colloqui. Eri ancora sobria quando l’ha detto. – Spalanca gli occhi. Eppure era veramente
sobria.
– E perché non me lo ricordo? – Il suo cervello avrà considerato quell’informazione estremamente inutile e perciò l’ha cancellata selettivamente.
– Non ne ho idea. – Alzo le spalle.


Sono le dieci e mezza spaccate.
Suona il campanello, ecco il primo candidato.

Marco: anni quarantuno. Ex avvocato. Si è reso conto che la vita tra ufficio e tribunale non faceva per lui, così ha deciso di licenziarsi sei mesi fa. Si è separato due mesi fa, perché sua moglie sostiene che non sia un uomo affidabile. Niente figli. Quando ha visto l’annuncio si è reso conto che avrebbe sempre voluto lavorare con i cani, che sono una delle sue più grandi passioni, così ha deciso di chiamare per il colloquio.
Abbastanza alto, molto magro e particolarmente stempiato.
Occhi marroni. Camicia azzurra e jeans neri.
Colloquio concluso, Marco esce di casa.
– Come ti è sembrato? – Mi chiede immediatamente Stella. Fatico a rispondere.
– Secondo te quel tipo è mai stato davvero un avvocato?
– Nutro i miei dubbi. – Certo ha un’ottima capacità oratoria, ma perché mai un avvocato dovrebbe mettersi a fare il dog-sitter?
– Ha spiegato il perché: era stufo della vita che faceva, ha dato una svolta alla sua esistenza. – Della biografia di quest’uomo la cosa più apprezzabile è la moglie che l’ha piantato.
– Sarà… – mi limito a dire.
– E in quanto ad aspetto fisico? – Che domande mi fa adesso?
– Ti ho mai dato modo di sospettare che mi piacessero gli uomini? – Le domando ironica.
– Che idiota, Alice! – Mi arriva uno scappellotto. – Però quando vedi Brad Pitt ne fai di commenti!
– Brad Pitt piace a chiunque, anche alla nostra Luna, vero, ciccia? – Luna abbaia. – Era un “sì” il suo.
– Dai amore, sii collaborativa!
– Va bene, va bene. Stempiatura a parte non è malaccio.
– Dico, provando a non pensare a mia moglie insieme a quel coso.
– No, infatti. – Stella si gratta la testa un po’ troppo vistosamente: lo fa quando ha i pidocchi o quando sta dicendo un sacco di cavolate; entrambe le situazioni sono molto rare. –
Va bene, hai vinto, non mi piace affatto fisicamente. Ma non ce lo dobbiamo sposare, dobbiamo solo farci una figlia insieme. – E riecco il femminile compulsivo.
– Tu ci devi fare un figlio insieme, non io – ci tengo a precisarlo. – Mi prenderò cura di nostro figlio soltanto dopo che l’avrai messo al mondo, il concepimento e il parto spettano a te; l’hai messo in chiaro al nostro secondo appuntamento, ricordi? – Annuisce.
– Perché dici sempre “figlio”? – Mi chiede confusa. – Non vorresti anche tu una femminuccia?
– Certo che vorrei una bambina, ma può capitarci anche un maschio. – Adesso che ci stiamo lentamente avvicinando al tentativo di diventare madri, è necessario che Stella accetti la possibilità che potremmo avere un figlio maschio.
– L’universo ci darà una meravigliosa bimba. – Fantastico.
Già ho fatto e continuo a fare fatica ad accettare che debba essere un uomo a dover ingravidare la mia donna, ora ci si mette pure l’universo. Che ruolo mi rimane?
– A posto allora. – Mi limito a rispondere.
Ore undici e dieci minuti. Parte malissimo il secondo candidato; la puntualità è un pregio raro e assai affascinante.

Romeo: anni ventitré. Si definisce un attore in erba, studia recitazione da quando aveva cinque anni e ha preso parte ad alcune rappresentazioni teatrali nei dintorni. Partecipa a ogni provino in giro per tutta la penisola, che sia per una pubblicità, piuttosto che per un film o una serie tv; non gli
importa se vengono richiesti solo personaggi femminili, lui sa interpretare anche quelli. Ha intenzione di fare il dog-sitter giusto per guadagnare qualcosina in attesa del grande salto di carriera, che è sicuro arriverà molto presto.
Alto circa un metro e settanta. Capelli lunghi e biondi, occhi verdi. T-shirt a righe rosse e verdi; blue jeans.

Anche il secondo colloquio si è concluso.
– Diciamo che se stessimo davvero cercando un “papà” per Luna e non per la nostra futura figlia, questo tipo non sarebbe neanche lontanamente da tenere in considerazione. – Primo commento a caldo di mia moglie: quanta verità!
– Sicuramente è più carino dell’altro, – mi permetto di osservare – per quel che ne capisco. – Aggiungo poco dopo.
– Quello è poco, ma sicuro. – Si siede per terra con le gambe incrociate. Io la seguo.
– Tra pochi minuti arriva il prossimo, vuoi fare yoga proprio adesso? – Non mi sembra il momento.
– Sto pensando. – Annuisco. Ok, pensiamo. – Romeo è un gran sognatore.
– Punto a favore, ti sono sempre piaciuti i sognatori. – Le si illuminano gli occhi quando sente qualcuno raccontare i propri sogni.
– Mi piacciono in via teorica, voglio dire, ho sposato te che sei la persona più disillusa che conosca.
– Già. – Credo di essere veramente la donna più disillusa del pianeta terra. – Quindi Romeo lo escludiamo a prescindere? – Uno di meno, non ci posso credere.
– No. – Ecco, appunto. – Potrebbe riservare delle sorprese. – Certo. Potrebbe farci sparire Luna perché durante i suoi due giorni di prova si sente troppo dentro al personaggio di Crudelia Demon. “Vi ho fatto una pelliccia con il pelo del vostro cane: sorpresa!”.
– Come no?!

Undici e trenta. Avanti il terzo.
Giovanni: anni trentacinque. Non è mai riuscito a sentirsi a proprio agio in famiglia, così all’età di diciassette anni è scappato di casa. Circa un anno fa, una mattina, mentre si stava guardando allo specchio, si è reso conto che con l’età stava assomigliando sempre più a suo padre e sua madre, così ha
deciso di ricorrere a ben ventiquattro operazioni chirurgiche per cambiare completamente fisionomia e connotati; in questo modo sente di aver definitivamente tagliato i ponti con il passato e riesce di nuovo a guardarsi allo specchio.
Era giusto in cerca di un lavoro, quando un amico gli ha detto di aver visto il nostro annuncio. Nel suo passato ha lavorato spesso con animali, perciò ha pensato di provare ad avere il posto.
Alto all’incirca un metro e settanta, pelato. Occhi marroni. T-shirt bianca e bermuda con fantasia mimetica.
Anche lui, terminato il colloquio, se ne va.
– Mi sembra famigliare, – constata perplessa Stella.
– Quello non parrebbe famigliare neppure a sua madre. –
In senso letterale proprio.
– Magari l’ho già visto da qualche parte in quest’ultimo
anno, con il volto che ha adesso. Detto così sembra che se lo possa cambiare, ma hai capito, no?
– Beh, non è poi così improbabile che tu l’abbia già visto da qualche parte, ha detto che abita a pochi chilometri da qui e un viso del genere non si scorda facilmente. – Assomiglia a Ken di Barbie, anche più di quel tizio che si è fatto operare ovunque proprio per assomigliare al bambolotto.
– Gli facciamo fare la prova? – Domanda Stella.
– Se ti dicessi di no? – chiedo, così, per curiosità.
– Ti convincerei a dire di sì. – Mi fa l’occhiolino. – Quindi, cosa ne dici, Alice bella? – Che dico, chissà.
– Dico di no.
– Perché? – E me lo chiede pure.

– Voglio farmi convincere, Stella. – Il suo sguardo malizioso si posa sull’orologio e il mio lo segue speranzoso.
– A che ora arriva il prossimo? – Chiede avvicinandosi.
– A mezzogiorno, – rispondo amareggiata – tra meno di cinque minuti.
– Porta pazienza fino alla fine di questi colloqui e saprò convincerti a dire di sì. – Potrei aspettare una vita intera, ma sarebbe una vita breve, perché ogni secondo che passo senza averla mi consuma come fossero mille anni.
Il suono del campanello fa staccare le nostre labbra, ma non di tanto: riesco ancora a sentire il suo respiro caldo.
– Non ti staccare – chiedo disperatamente. Si stacca.
– Dopo, amore. – Uffa.
Mezzogiorno in punto. C’è grande stupore da parte di entrambe nel renderci conto che il quarto candidato è in realtà una candidata.
– Piacere, Marika. – Si presenta. Ci presentiamo anche noi.
Stella mi sta guardando basita.
– Io ho scritto espressamente che cerchiamo un uomo. –
Afferma Stella. Sembra piuttosto innervosita dalla situazione.
– Inoltre, tutti coloro che mi hanno chiamata erano uomini. – Aggiungo.
– Ho fatto chiamare mio zio. – Confessa tranquillissima Marika. – Ho letto che cercavate solo uomini, così ho pensato di far chiamare lui o non mi avreste neppure fissato un colloquio.
– È vero, non l’avremmo fatto, – continua Stella – perché cerchiamo un uomo. – Più chiara di così si muore.
– Non vi pare che la vostra scelta sia un po’ sessista, parecchio misogina? – Domanda l’adorabile candidata. Io e Stella ci guardiamo.

– No. – Rispondiamo quasi all’unisono.
Il nostro secondo fine, ovviamente, non prevede la necessità di conoscere delle donne, ma non ho mai pensato che mettere un annuncio per soli uomini potesse far pensare a qualcosa di simile. Sessiste noi? Siamo donne. Le donne possono essere misogine? È assurdo.
– A me sembra di sì. – Intendo spiegarle che a noi non
interessa affatto ciò che pensa lei, ma Stella mi precede e parla per prima.
– Avrai il tuo colloquio. – Giro la testa di scatto per guardarla malissimo.
– Perché? – Non capisco quando è cambiato il nostro obiettivo; non stavamo forse cercando un padre? Per avere
un figlio questa Marika ci serve tanto quanto una forchetta quando c’è zuppa per cena: a nulla.
– Noi non siamo misogine, vero amore? – Annuisco. Sono troppo confusa e stranita per protestare. – Ormai è qui. Vuole fare il colloquio, avrà il suo colloquio. – E facciamoglielo.

Marika: anni ventidue. Studia ingegneria. È un’attivista
femminista e una grandissima amante degli animali. Stava cercando un lavoro, per pagarsi gli studi da sola, quando ha visto il nostro annuncio su internet; ha risposto principalmente perché era indirizzato esclusivamente agli uomini e le è sembrato ingiusto. A ogni modo non le dispiacerebbe ottenere il lavoro.
Alta un metro e sessanta circa. Capelli lunghi e castani; occhi azzurri. Camicetta a mezze maniche rosa e blue jeans.
Marika termina il tanto agognato colloquio e va via.
– Scherzavi quando le hai detto che la richiameremo per
la prova? – Chiedo a Stella preoccupata. Temo proprio che
non scherzasse.

– Lasciamo che faccia i due giorni di prova, la paghiamo per quelli e poi potrà pure tornarsene a studiare il cavolo che studiano a ingegneria. – “Il cavolo che studiano a ingegneria”, ottimo. Stella appare decisamente alterata, non so perché se la sia presa tanto, né per cosa esattamente e non so nemmeno perché si ostini a volere che Marika venga qua per i due giorni
di prova.
– Che diavolo studiano a ingegneria? – Sì, è molto alterata. – Qualcuno sa dirmelo? – “Qualcuno”. In casa ci siamo solo io, lei e la piccolina.
– Credo che Luna abbia la risposta. – Commento ironica.
La mia ironia in questo momento non sembra divertirla. –
Ok. Non credi che sia senza senso tenerla anche solo per i due giorni di prova?
– Misogina? Io? – Ecco perché si è innervosita tanto. – Ti rendi conto? Nessuno mi aveva mai offesa così. Io non ostacolo e non odio le donne, io le amo.
– Quante ne ami esattamente? – Giuro che fino a poco fa credevo di essere l’unica.
– Solo te. – Mi abbraccia. Sento che sta per piangere, ma non posso evitarlo.
– Certo, perché le altre non le sopporti, pensi siano tutte troppo stupide per fare le dog-sitter. – Dico ironica imitando la vocina stridula di Marika. Quando verrà qui a fare la prova di due giorni le chiederò di tacere, proprio in questi termini: “taci”; così almeno avrà una buona ragione per insultarmi.
– Stupida! – Me lo sono meritata.
Mezzogiorno e mezza. Ripensandoci adesso, nel momento in cui prendevo gli appuntamenti per questi colloqui, avrei anche potuto lasciare un vuoto di almeno un paio di orette tra il quarto e il quinto; se non altro per il pranzo.

Benvenuto al quinto. Non sono stata vittima di un altro
maligno inganno: è un uomo.
Domenico: anni sessantanove. È vedovo e i suoi due figli vivono lontano; è andato in pensione cinque mesi fa, era un insegnante di matematica al liceo. Gli sono sempre piaciuti gli animali e i cani in modo particolare, così ha deciso di cercare lavoro come dog-sitter, perché a casa da solo si annoia troppo.
Alto più o meno un metro e ottanta. Capelli corti e grigi, occhi marroni. Camicia a quadretti e pantaloni di cotone.
Finito un altro colloquio. Domenico torna nella sua triste e solitaria casa.
– Sei disposta ad andare a letto con un vecchietto per avere un figlio? – Spero vivamente mi dica di no.
– Faremo fare la prova a Marika, tanto vale che la faccia anche lui. E poi non ho nessun problema con la differenza d’età.
– La situazione ti sta sfuggendo di mano, Stella.
– Non è vero, Alice. So quello che sto facendo, tu devi solo fidarti. – Certo. Devo solo fidarmi di lei e passare almeno le prossime due settimane con gente che non conosco in casa durante il giorno. Sarebbe stato carino se avessimo preso questi colloqui come delle “preselezioni”, in modo da scartare a monte le persone inadatte (tipo la donna) e invece per mia
moglie chiunque ha qualche dote, ciascuno può sorprendere a proprio modo, perciò ora siamo al punto di partenza.
– Tu ti fidi, Luna? – Chiedo alla cagnolina.
– Se potesse parlare ti direbbe di sì. – Non ne sono troppo sicura. Chissà davvero che direbbe, se solo potesse parlare.

Il sesto candidato telefona per avvertire che non si presenterà al colloquio dal momento che ha trovato un altro lavoro.
Siamo in cucina, Stella prepara qualcosa da mangiare.
L’odore non è dei migliori, deve aver comprato un nuovo alimento per vegani, praticamente degli altri semi.
– Proporrei un brindisi per il sesto candidato: grazie di esserti trovato un lavoro e aver rinunciato in partenza! – Dico alzando un bicchiere con del vino. Uno di meno è sempre meglio che niente e mezz’ora di pausa ci voleva proprio.
– Io posso brindare con l’acqua tesoro? – Da lei non me lo sarei mai aspettata. – Ho ancora postumi della sbornia di ieri sera.
– Certo, carissima. – Rido.
– Non mi prendere in giro – Mi tira uno schiaffo sulla spalla.
– Non mi permetterei mai. – Rispondo serissima. E invece lo faccio sempre.
Sono proprio curiosa di sentir parlare un altro uomo, sono carica e decisa più che mai a portare a termine questa missione; tutto ciò non è affatto vero. Diciamo che sarei quanto meno più energica, se non avessi mangiato solo zucchine bollite con contorno di semi indiani, dei quali non ricordo
il nome.


È quasi l’una e mezza. È in arrivo il settimo, che poi è diventato il sesto, candidato.
Kevin: anni trentuno. Lavorava come segretario nell’autoscuola di famiglia; alcune settimane fa ha deciso di andare a convivere con il suo compagno, così sua madre l’ha licenziato.
Ama moltissimo gli animali, specie le tigri ed è convinto che sarebbe un ottimo dog-sitter, nonostante non abbia esperienze pregresse in questo ambito.

Altezza circa un metro e ottanta. Capelli corti e neri, occhi
marroni. Camicia azzurra e blue jeans.
Il colloquio di Kevin, di per sé, è finito, ma adesso lui e Stella stanno bevendo un caffè in terrazza e facendo due chiacchiere. Hanno una grande sintonia, lui è un ragazzo a modo e terribilmente spassoso, peccato solo che non gli piacciano le donne e per questo temo sia piuttosto dura far diventare lui il padre di nostro figlio, nemmeno se lo facessimo ubriacare più di quanto lo fosse Stella ieri sera.
Kevin ci ringrazia per tutto e va via.
– Avete fatto amicizia? – Chiedo a Stella.
– Sì, è davvero un ragazzo simpatico.
– E gay. – Preciso. – Ciò significa che possiamo depennarlo dalla lista, giusto?
– Beh, ovvio. – “Ovvio”, ha tenuto una donna. – Siamo diventati amici, non potrei mai andarci a letto, sarebbe imbarazzante. – Le belle notizie delle due meno dieci di pomeriggio.
– Mi sembra sensato. – Commento compiaciuta.
– Ah, stasera uscita a quattro con lui e il suo compagno. –
Le pessime notizie delle due meno nove di pomeriggio.
– Perché? – È tutto ciò che mi sento di chiederle.
– La domanda giusta è: “perché no?” – Sono certa non sia quella la domanda giusta. – Dai, ci divertiremo.
– Non dovevi convincermi a lasciar fare i giorni di prova a Giovanni, il Ken dei giorni nostri? – Voglio essere convinta, voglio passare tutta la sera a farmi convincere, non uscire per un appuntamento a quattro con dei tipi che non conosco.
– Non voglio aspettare fino a sera per convincerti. Appena finiamo con i candidati mi impegnerò a fondo e ti convincerò.

– Ok, può andare bene così, – dichiaro abbastanza soddisfatta. – Dov’è l’appuntamento di questa sera?
– Al bowling. – La faccenda si fa inaspettatamente interessante.
– Hai voglia di perdere o di vedere me vincere? – Tutti sanno che sono un fenomeno a bowling, È l’unico sport per il quale sono portata.
– Magari Kevin e il suo ragazzo sono anche più bravi di te.
– Commenta convintissima la mia piccola. Scoppio a ridere.
– Nessuno può battere la sottoscritta a bowling. – Un po’ troppo sicura di me, forse, ma posso permettermelo.


Due e mezza di pomeriggio. Siamo all’ultimo candidato.
Che giornata lunga e noiosa!
Josh: anni trentuno. Personal trainer americano. È venuto in Italia per una vacanza cinque anni fa, si è innamorato di questo Paese, così ha deciso di tornare per viverci. Durante il primo periodo in Italia ha fatto il modello, ora invece lavora presso una palestra del centro. Ha deciso di rispondere all’annuncio e presentarsi al colloquio perché è in cerca di un lavoro extra per potersi pagare un viaggio in Nuova Caledonia.
Alto quasi due metri. Capelli corti e biondi, occhi marroni.
Maglietta verde e bermuda viola.
E anche l’ultimo colloquio è finito.
– Che mi dici di Josh? – Mi domanda Stella.
– Aveva un outfit improponibile. – Maglietta verde e bermuda viola. Non si può fare.
– E oltre a quello? – Chiede Stella alzando gli occhi al cielo.
– È piuttosto sgrammaticato.

– È americano ed è qua da poco, non puoi pretendere che
sappia parlare l’italiano perfettamente, Alice.
– Okay – concludo con accento americano. – Chiamiamolo a fare la prova. Almeno questo ha quello che ci serve tra le gambe. – Arrossisce.
– Smettila!
Vado ad aprire una bottiglia di prosecco, ne verso un po’ in due bicchieri e ne porgo uno alla mia bellissima moglie.
– Brindiamo! – La esorto.
– Brindiamo perché i colloqui sono finiti? – Chiede ridendo.
– Anche. – Che leggerezza mi sento addosso ora. – E poi brindiamo a te che sarai la mamma più brava, più bella e più splendente al mondo. Da quando sei entrata nella mia vita hai saputo renderla vera, meravigliosa sotto ogni aspetto; nostro figlio non desidererà mai niente in più di te, perché niente e
nessuno è migliore della mia Stella. – Che brindisi fantastico: sono troppo brava a lusingare mia moglie! Tuttavia, chiunque avesse la possibilità di vederla con i miei occhi sarebbe bravo a farlo.
– Ti amo immensamente. – Ha gli occhi lucidi. – Facciamo fare la prova a Giovanni? – È giunto il tempo della mia opera di convincimento.
– Non ne sono troppo convinta. – Tiro la corda: voglio che si spezzi e lei cada sopra di me.
– Lasciati convincere. – Non aspetto altro.
Ci buttiamo sul divano, le nostre labbra non riescono più a staccarsi e i nostri corpi, che si muovono all’unisono, godono di ogni istante, selvaggiamente. Tanta gente sostiene che l’atto sessuale tra due donne non sia una cosa naturale, ma io non riesco proprio a capire come tutto ciò possa essere innaturale: mi sembra di essere nata per fare l’amore con lei. La stringo forte tra le mie braccia, le mie mani sono su ogni centimetro
del suo corpo e la sua pelle ha un sussulto ogni volta che la sfioro, ogni volta che la mordo solo per sentirla ridacchiare da così vicino che della sua risata potrei morire. Forse madre natura non ha previsto che due donne godano l’una dell’altra, o magari invece è saggia a tal punto che prevede qualsiasi eccezione; noi siamo l’eccezione per il mondo, ma Stella per me è la regola, la legge intera.
– Ti ho convinta? – Mi chiede all’orecchio.
– No, ma puoi riprovare, se vuoi. – Può riprovare all’infinito.
– Non ne hai mai abbastanza. – Dice arrossendo.
– Di cosa? – Domando maliziosa, mentre giocherello con una ciocca dei suoi stupendi capelli. Solleva il mento e assume
un atteggiamento serio.
– Di me. – Eccolo lì. Ecco quello sguardo fiero e sicuro che manda nel pallone il mio cervello; ecco quell’espressione ferma e risoluta di chi sa che in ogni caso ne uscirà vincente.
– Non ho forse ragione? – Mi chiede.
– Hai torto marcio, io so stare benissimo senza di te. –
Faccio la grandiosa e me la tiro un sacco. Ma chi ci crede?
– Ah è così, Alice? – Si alza velocemente dal divano. La trattengo per il bordo della maglietta.
– Ma dove vai, stupida? – Le chiedo portandola vicino a me. Si siede sulle mie gambe.
– Hai paura che me ne vada? Tanto sai fare a meno di me.
– Adoro quando fa la finta offesa e mi resiste. – Sei una bugiarda. Vorresti fare l’amore con me ogni ora, ogni minuto.
– Ogni secondo, Stella, ogni istante. – Sorride compiaciuta.
***

Stiamo andando all’uscita a quattro con Kevin, il nostro candidato gay, e il suo fidanzato. Il fatto che il ritrovo sarà al bowling rende quest’uscita molto più piacevole di quanto non sarebbe stata altrimenti.
– Ricordati, Stella, non devono sapere del nostro piano, intese? – Spero non le venga la malsana idea di dire qualcosa di troppo.
– Perché non possiamo dir loro tutto quanto? – Non posso credere che mi abbia davvero fatto una domanda simile.
– Perché? – La guardo malissimo. Alza le spalle. – Perché potrebbero trovare questa storia assurda, trovare il modo per contattare gli altri candidati e mandare tutto a quel paese, giusto per dirne una.
– Non penso che Kevin ci giudicherebbe, se sapesse quello che abbiamo intenzione di fare. – Lei “non pensa” appunto.
– L’hai conosciuto oggi e ci hai parlato per neanche mezz’ora; non sai che persona sia, cosa ritenga giusto, cosa no; non sai nulla di quell’uomo e anche meno del suo fidanzato.
– Dovresti provare ad avere un po’ più di fiducia nelle persone. – Dice, guardando fuori dal finestrino.
– E tu ad averne molta meno. – Affermo io con forse troppa enfasi.
– Una volta ti piaceva questo lato di me. – Sussurra appena.
– Mi piace ancora. – Sussurro io.
– Non gli dirò nulla, – afferma tiepida Stella. – Hai ragione tu, è meglio così.
– Grazie. – Replico.
– Mi ringrazi perché ti ho dato ragione? – Mi chiede scherzosa.
– Non capita spesso. – Rido e ride anche a lei.