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Angeli e uomini – Wonderful life

Ecco il primo racconto della raccolta Angeli e uomini di Maurizio Perovic!

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Wonderful life

ll bagagliaio della giardinetta turbometano con gli inserti in betulla del geometra Egisto Prandelli pareva il retro di un negozio di chincaglierie afferrato da mani giganti e poi shakerato con veemenza per un buon quarto d’ora. Ci si poteva trovare di tutto, dallo spillone da balia per cirripà magnum, alla pompetta per il gonfiaggio dei canottini, al thermos contenente residui del caffe di due capodanni orsono, sino al più recente acquisto: un palloncino rosa lapiniforme sottratto impunemente da un mazzo di articoli omologhi, lasciati incustoditi al limitare della piazza d’un paese.

Era cosi che si occupava di ogni cosa il geometra Prandelli: in modo disordinato.

Lo si intuiva semplicemente guardandolo: portava infatti capelli spettinati che furono corvini (e che ora viravano sul “grigio pelle di morto”) e che ricadevano unticci sulla punta delle orecchie; su quelle medesime orecchie poggiavano occhiali neri riparati con un pezzo di scotch bordeaux a metà della stanghetta sinistra. Indossava poi una camicia lisa all’altezza di collo e polsini e, sulla cravatta a fiori, trovavano spazio tracce di unto proveniente forse da un pranzo a base di pesce, a giudicare dall’odore che emanavano. Lo scempio si compiva concludendosi in calzini bianchi di spugna su scarpa di camoscio invernale. A luglio.

Se possibile, più disordinati ancora erano i pensieri che gli affollavano i neuroni mentre conduceva la giardinetta blu (con rattoppi diffusi in tinta semisimile, dal celeste all’oltremare) lungo la penisola, da Roccabarocca alla stratometropoli che diede i natali a suo padre, 400 chilometri piu a sud.

Gli pareva di essere una sorta di Cappuccetto Rosso motorizzato, sul limitare d’un fosco bosco, le cui prime propaggini frondose incombevano sporgendosi sulla corsia destra in quella stropicciata stradicciola di campagna, che era tutta sassi e buche.

Gli venne da pensare agli scoiattoli volanti in amore: se li vedeva davanti con tanto di caschetto da pilota in stile primo conflitto mondiale. Sul caschetto immaginava pure eliche a molla, tali da consentire voli più impegnativi che non quelli che si potevano compiere tra rami attigui.

Passò cosi a pensare ai suoi, di voli.

In realtà quelli di Egisto Prandelli non erano propriamente “voli”, perché lui si concentrava esclusivamente sui rami confinanti. I suoi erano piuttosto balzi goffi sui robusti rami bassi attorno al tronco dell’albero che gli era toccato in sorte, e non certo svolazzamenti diretti ai cedevoli e giovani rami della sua sommità…
Aveva mai davvero volato, il geometra, se si escludono gli scivoloni per le scale della vita? Anche quella domanda si era presentata in forma di un pensiero disordinato che lo distraeva molto, mentre stringeva il volante rovente della giardinetta che non era mai stata dotata di condizionatore.

“Condizionatore? La sola condizione perché ci sia aria é quella legata al fatto che spiri vento”. Se la ripeteva tra sè e sè, nonostante quella battuta orrenda non facesse mai ridere nessuno e nonostante sembrasse un po’ idiota, ora che le braccia colpite dal sole gli si arrostivano e non riusciva a tener ferme le mani sullo sterzo rovente.

Preso com’era dalle sue assurde fantasie, quasi non si avvide dell’autostoppista apparso di botto alla sua destra. Sterzò per evitare la collisione e sbandò. L’auto fece mezzo giro su sè stessa, in una nuvola di ricci morti e di aghi di pino ingialliti. Teneva la testa sul volante e respirava forte mentre silenziosamente pregava di essere riuscito ad evitare I’autostoppisticidio. Ricordava di avere sentito l’orrendo suono del corpo sulla lamiera, ed ora il cuore ritmicamente gli esplodeva nelle orecchie: ogni pulsazione rimbombava come una grancassa percossa da un batterista heavy metal incazzato.

Un autostoppista morto, ucciso da lui! Non poteva crederci.

Forse il tonfo sordo del corpo contro la carrozzeria non c’era stato, forse il solo rumore era quella ritmica esplosione nel suo petto. Forse l’adrenalina in circolo stava giocando un brutto scherzo alla sua memoria…
Gli parve fossero trascorse ore, ma continuava a non avere il coraggio di sollevare la testa dallo sterzo: la teneva incastonata tra le razze del volante, temendo che, se avesse gettato lo sguardo oltre il parabrezza, si sarebbe trovato di fronte ad uno spettacolo splatter. Sobbalzò, sentendo appoggiare una mano sulla portiera del lato passeggero. Nel rettangolo del finestrino c’era il faccione sorridente e un po’cicciotto dell’autostoppista.

Abbassò il finestrino e la manovella emise il caratteristico gnicgnic (la giardinetta era un poco datata, come forse si era intuito) e l’uomo che lo osservava dalla strada se ne uscì con uno squillante «Ehilà, my friend, what a frenata! You’re a great driver!».

Lo sguardo di Prandelli era inebetito mentre scrutava l’americano, che pareva un patchwork tra Gesù Cristo sovrappeso (a volerne considerarne l’aspetto) e Willy Wonka (come testimoniavano un panciotto viola ed un piccolo cappello a cilindro dello stesso colore). L’ultimo residuato della contestazione hippy, insomma. O un anacronistico figlio dei fiori, se preferite.

«Comunque I’m so happy che ho trovato un passaggio on this sunny country road, my friend».

Prima di poter riprendere fiato il geometra dovette spostare al volo un bicchierino di plastica dal sedile del passeggero, su cui, dopo avere rapidamente aperto la portiera, si stava accomodando l’americano. Prandelli pensò che quel tipo avesse un culo enorme, e se lo immaginò vestito dall’Elvis dell’ultimo periodo. Viaggiava con la fantasia, come sempre.

Dopo mezz’ora di guida sulla strada di campagna, il Prandelli sapeva già tutto del suo strampalato compagno di viaggio: lo strambo compagno di viaggio gli aveva infatti raccontato con dovizia di particolari dalle malattie d’infanzia alla recente separazione dalla moglie, di mestiere pornodancer in South Carolina. Aveva persino confessato le sue preferenze politiche, crocifiggendo il senatore italoamericano Georgie Boschetto e, nello stesso discorso, era riuscuti a precisare quale fosse il suo sapore di gelato preferito: il gusto puffo. Aveva insomma parlato ininterrottamente per centoventi chilometri di curve boscose, ed ora che prati di violette correvano ai lati della strada, il Prandelli si arrischiò di interromperlo.

«Quello che dice è molto simile a quello che capita a me, sa… voglio dire, credo che sia lei che io abbiamo avuto una vita nella norma. Direi banale. Senza particolari sconvolgimenti, se vuole, insomma, siamo stati abbastanza fortunati, no?».

L’americano si era tolto il cilindro viola e l’aveva riposto chissà dove.
«Lucky? Noi fortunati?» si asciugò il sudore con un fazzoletto verde «e dove sarebbe la fortuna? Here, in such a boring life? lo ho scelto un’altra strada, non mi sento fortunato».

«Beh, son punti di vista, my friend » Prandelli si inglesizzò per un secondo, giusto per per far sentire più a suo agio l’americano «ma di che strada are you talking about?».

«Well, io ho deciso di confondermi among the people, di vivere altre possibili esistenze…» anche il panciotto si era in qualche modo volatilizzato. «Perchè in fondo non importa chi si è, purchè si sia in viaggio… and I like fare il viaggio attraverso le persone».

Prandelli non capiva di cosa stesse parlando l’americano, pur avvertendo una travolgente forza, la forza della verità, in quelle sue parole. Aveva una gran voglia di farlo scendere dall’automobile, o forse no, forse aveva voglia di scendere lui stesso.

Quando I’Americano parlò di nuovo, indossava un paio di occhiali con una stanghetta riparata alla bell’e meglio con dello scotch bordeaux.

«Sa la verità? lo non sono neppure americano, neppure so più chi sono. Sono però sicuro che lei… sono certo che tu, amico mio, sia arrivato a destinazione…».

L’autista fermò la giardinetta e poi scese sul limitare di un aranceto. Indossava un panciotto e un piccolo cilindro viola, e aveva uno strano sorriso in volto. L’uomo che era stato il Geometra Egisto Prandelli rimase sul ciglio della strada ad aspettare un passaggio, mentre alla mente gli venivano, per la prima volta nella vita, tutte le parole di Love Me Tender