Angeli e uomini – Futuro
Ecco il secondo racconto della raccolta Angeli e uomini di Maurizio Perovic!
Puoi sostenere questo progetto fino a venerdì 16 febbraio!
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Futuro
Gli avevano fatto bene quelle parole.
Soprattutto le più taglienti: il solco più profondo nelle sue certezze era stato scavato precisamente dalla frase “non hai mai capito un cazzo di me, figlio di puttana”. Si trattava di parole impreviste, certo, erano parole che faticosamente era riuscito a registrare. A elaborare. A sopportare, in un certo senso.
Ora, mentre tornava a casa, ora che la luce dei lampioni cittadini disegnava ombre e mostri sulla superficie delle pozzanghere di petrolio, si sentiva strano. Avrebbe detto “stupido”, volendo utilizzare la prima parola che spontaneamente emergeva dai circuiti della mente, ma sapeva non essere quello il vocabolo più corretto.
Negli anni passati aveva cercato di assecondare Darija durante le sue frequenti esplosioni d’isteria da donna incostante, ed in molte altre occasioni l’aveva supportata aiutandola (così era convinto) a credere di più in sé stessa. Aveva creato occasioni di estremo romanticismo al lume di molte candele, e cene di fronte al camino, e viaggi esotici e ancora decine di situazioni che parevano uscite dal “manuale del perfetto gentleman”. Non aveva mai sbagliato neppure una mossa, non aveva scordato nessun dettaglio: era il suo specifico campo quello di non sbagliare nulla.
Però lei non era mai riuscita ad amarlo davvero.
Di questo era assolutamente ed incontestabilmente certo.
Era ormai meccanicamente giunto di fronte alla porta dell’elevatore, nell’atrio del grattacielo in cui trascorreva le notti. Aveva addirittura già premuto il pulsate che richiamava la cabina al pianterreno. Non riusciva a darsi pace per lo stucchevole fallimento della storia con Darija; beh, non è che fosse disperato, questo no, ma lo incuriosiva il motivo per cui i tentativi che aveva compiuto in quattro anni di relazione con Darija non fossero andati a buon fine.
Qualcosa non aveva funzionato, certo, ma non riusciva a capire “quale” cosa.
Oltre la porta dell’ascensore scorrevano i numeri dei piani, ne doveva contare ventitré, e l’aggeggio era piuttosto lento. Ciò gli dava il tempo per rielaborare milioni di informazioni, valutare le possibilità; tutte le possibilità selezionate in passato e tutte quelle scartate, in modo evidentemente scorretto, negli ultimi quattro anni. Quando si aprì la porta dell’ascensore, giunta nel frattempo al suo piano, aveva però finalmente capito.
Entrò nell’appartamento n. 23 – interno 7 con la sua chiave elettronica ed accese la luce del laboratorio.
Sul computer scrisse, connettendosi per via neurale:
“Oggetto: progetto vita virtuale:
Sostituire motivatore del droide protocollare M.1L.0 V° con il più recente modello AS12K4.
Il progetto in oggetto è infatti incorso in un errore ridondante dovuto ad imprevisto malfunzionamento nella autocalibrazione dei livelli di tolleranza degli elementi umani”
E, sdraiandosi nel suo guscio di stoccaggio, Milov entrò in stand by.